Ogni
qualvolta che ho tra le mani i miei due volumi del Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes, so che devo placare un’inquietudine, quella che nasce
dal conflitto tra l’ideale e la realtà; «Don Chisciotte il cavaliere
dell’ideale perenne in lotta con la realtà [e] Sancho, che si vede assegnato il
compito di rappresentare l’altro polo dialettico, la quotidiana realtà,
l’inerzia terrestre che finirà col trionfare della più alta follia, del più
puro dei sogni» scriveva Vittorio Bodini nel 1956, nell’edizione del don
Chisciotte edita da Einaudi.
Negli ultimi
giorni l’opera di Cervantes è stabilmente sulla mia scrivania. Sono i giorni
della campagna elettorale di un briciolo di territorio dell’immenso mondo.
Eppure, proprio tra le vie del mio paese, pare che si siano dati appuntamento
Don Chisciotte e Sancho Panza per un inedito scontro: quello tra l’hidalgo e il
suo scudiero, che porta inevitabilmente alla disfatta di Don Chisciotte e,
quindi, alla sconfitta dell’ideale. Potrebbe essere proprio questo il motivo del
malessere che avverto e che mi porta a rovistare tra le pagine dell’opera in
cui i due personaggi, tra le varie vicende, continuano e continueranno ad
essere uniti in una insolita amicizia.
E ritorno a convincermi che un ponte tra ideale e
reale può esistere e che alla fine, anche tra le poco importanti vicende della
campagna elettorale di una piccola comunità, un manipolo di persone, nel vasto
esercito dei candidati, rappresenti quell’«Utopia» che Erri De Luca
definisce “non il traguardo ma il punto di partenza”. Allora dinnanzi ai miei
occhi avviene la metamorfosi dell’intellettuale don Chisciotte che evade nell’azione
e quella di Sancho che ogni giorno si va facendo meno sciocco, e che «partendo
dalle sue rozze proposizioni, oscillanti fra furberia e ingenuità, scopre con
gioia l’esercizio intellettuale, la propria capacità di riflettere, di
confrontare esperienze, di valutarne e trarne conclusioni»; i due personaggi di
Cervantes, con tutto ciò che rappresentano, diventano eroi immortali e mi
salvano dall’affogare in un amaro mare di malinconia; in questo modo anche
Latiano diventa uno spazio umano in cui convivono lo squallore della
sopravvivenza quotidiana e il desiderio di portarsi verso un ideale di
esistenza; ed aspetto che le elezioni, tra le poche vicende significative di
vita comunitaria, siano l’occasione per provare a spiccare il volo.
P.S. Erri de Luca afferma che «la letteratura agisce sulle
fibre nervose di chi si imbatte nel fortunoso incontro tra un libro e la
propria vita. Sono appuntamenti che non si possono prenotare né raccomandare.
Ad ogni lettore spetta la sorpresa di fronte alla mescola improvvisa tra i suoi
giorni e le pagine di libro». Con queste parole provo meno imbarazzo per aver “traghettato”
i personaggi di una grande opera come il Don Chisciotte di Cervantes nella
piccola realtà in cui vivo.
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